Il 23 giugno si è tenuto un evento al Focolare per la presentazione del primo romanzo di Elena Di Cioccio, intitolato “Cattivo Sangue”. Elena Di Cioccio, attrice e presentatrice, ha scritto un memoir in cui ha deciso di condividere la sua esperienza come persona sieropositiva, un aspetto della sua vita che ha mantenuto privato per oltre vent’anni.
All’evento erano presenti numerosi ospiti, tra cui il neosindaco di Ancona, Daniele Silvetti e l’assessore welfare, Manuela Caucci. La presentazione è stata moderata da Paolo Petrucci, responsabile della prevenzione in OCF, che ha dialogato con Elena Di Cioccio.
Il libro è frutto di anni di scrittura e riscrittura, nato come diario personale per fare i conti con la sua storia personale e familiare e mettere le cose in fila, e diventato dopo un lungo lavoro un romanzo destinato al pubblico.
Durante l’evento, sono emersi diversi temi legati all’HIV e all’AIDS, ma uno in particolare è stato molto incisivo: U=U (Undetectable = Untrasmittable, cioè Non rilevabile = Non trasmissibile). È stato significativo ascoltare il discorso sulla rilevanza di questa affermazione. Riconoscere e ricordare a tutti che le persone con HIV con una carica virale non rilevabile non possono trasmettere l’infezione è un passo fondamentale per combattere lo stigma e promuovere una corretta comprensione della malattia.
Perché l’assenza di una corretta e aggiornata comunicazione sui passi avanti fatti dalla ricerca medica e scientifica in tema di HIV, purtroppo contribuisce a mantenere forte lo stigma legato al virus nato e consolidato tra gli anni ’80 e ’90.
“Se lo conosci lo eviti, se lo conosci non ti uccide!” Così, recitava lo spot dell’Alone Viola negli anni dell’emergenza in cui dilagava la paura di una morte quasi certa per chi sapeva di avere l’HIV e la paura del contagio per chi non lo era.
La paura verso qualcosa che non si conosce, non solo di un virus, ma anche delle persone sieropositive.
Quell’alone che, la stessa Elena, si è sentita addosso per molto tempo e che grazie all’uscita del libro e alla condivisione della sua storia ha visto dissolversi.
Il suo libro non è soltanto una personale testimonianza, ma è anche un monito per spronare tutti coloro che si nascondono, che provano vergogna per certi parti di sé a farle uscire, perché a volte esporsi non è poi così male e il sostegno, anziché il giudizio, che si riceve può davvero sorprendere e accogliere.
Continuiamo a lavorare insieme, a condividere storie, a combattere lo stigma e a promuovere una corretta informazione per migliorare la qualità della vita per tutte le persone in HIV e in AIDS.